26 marzo, 2018

ANCORA SULL'ARGOMENTO DELLA INELEGGIBILITA' DEL GEOMETRA NINO FABIO, SANCITA DAL TRIBUNALE DI PATTI

A maggiore chiarimento di quanto prima pubblicato, essendone venuto in possesso, pubblico l'intero testo della sentenza emessa dal Tribunale di Patti, con le relative motivazioni.

 “Ordinanza del 
 TRIBUNALE DI PATTI

 Il Collegio composto dai signori: dott.ssa Concetta Alacqua Presidente dott.ssa Maria Letizia Calì Giudice dott.ssa Marialuisa Gullino Giudice relatore nel procedimento ex artt. 70, c.1, d.lgs. n. 267/2000 e 22 d.lgs. 150/2011, iscritto al n. 1222/2017 R.G., promosso da: MICELI ANTONIO (c.f. MCL NNN 54P29 E674S) e ZINGALES LEONE (c.f. ZNG LNE 80A 26E 674C), rispettivamente n.q. di candidato alla carica di Sindaco del Comune di Longi alle Elezioni Amministrative dell’11.06.2017 e di cittadino elettore del Comune di Longi, elettivamente domiciliati in Acquedolci, via Ricca Salerno n. 10, presso lo studio dell’avv. Cirino Gallo, che li rappresenta e difende giusta procura in atti ricorrenti
 CONTRO FABIO ANTONINO (c.f. FBA NNN 62H 11E 674B) elettivamente domiciliato in Messina, via Ugo Bassi Is. 125 n. 144, presso lo Studio dell’avv. Antonio Andò, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avv. Patrizia Silipigni, giusta procura in atti resistente ha pronunciato, letti gli atti e i documenti ad essi allegati, sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 15.01.2018, la seguente 
ORDINANZA 
1.Con ricorso ex artt. 70, c.1, d.lgs. n. 267/2000 e 22 d.lgs.n. 150/2011, depositato l’11.07.2017, i ricorrenti esponevano che: in data 11.06.2017, Antonino Fabio era stato eletto alla carica di Sindaco del Comune di Longi con 572 voti, a fronte di 511 voti ottenuti dal ricorrente Antonino Miceli, ed in data 14.06.2017, era stato proclamato eletto dall’adunanza dei presidenti del seggio; il resistente, tuttavia, non poteva essere eletto alla carica di Sindaco poiché il fratello, Luigi Fabio, già al momento dell’elezione e fino all’attualità, ricopriva la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Banca di Credito Cooperativo della Valle del Fitalia di Longi, che svolgeva il servizio di Tesoreria Comunale; ai sensi dell’art. 67 l.r. n. 16/63 e dell’art. 6, c. 5, d.p.r. n. 570/60, non poteva essere eletto Sindaco chi avesse ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini fino al secondo grado, che coprissero nell’amministrazione del Comune il posto di segretario comunale, di appaltatore di lavori o di servizi comunali, di esattore, collettore e tesoriere comunale o in qualunque modo di fideiussore; le citate previsioni- che la Corte Costituzionale con sentenza n. 450/2000 aveva interpretato quale ipotesi di incompatibilità- erano applicabili al caso di specie, atteso che il servizio di Tesoreria dell’Ente era stato aggiudicato mediante gara pubblica, per il quinquennio 2015-2019, alla Banca di Credito Cooperativo della Valle del Fitalia di Longi; inoltre, l’art. 3 l.r. n. 7/92 estendeva al Sindaco tutte le cause di ineleggibilità ed incompatibilità previste dall’ordinamento in relazione alla carica di consigliere comunale, operando un rinvio alla disciplina dettata dall’art. 13 l.r. n. 31/86, il quale a sua volta rinviava all’art. 9, cc. 2-7, della medesima l.r., in forza dei quali il resistente avrebbe dovuto rimuovere la causa di incompatibilità non oltre il giorno fissato per la presentazione della candidatura; alla luce della normativa richiamata, il resistente non avrebbe potuto essere proclamato Sindaco del Comune di Longi, non avendo rimosso le cause di incompatibilità entro il giorno fissato per la presentazione della sua candidatura; a seguito delle elezioni del 2002, il Tribunale di Patti, con sentenza n. 2826/02, aveva ritenuto che il resistente non fosse incompatibile con la carica di Sindaco, sebbene il fratello fosse allora Vice Presidente del C.d.A. della Banca affidataria del servizio di tesoreria comunale, affermando che l’incompatibilità per relazione di parentela o affinità, trovasse una deroga nell’art. 10, c. 2, l.r. 31/86, ove il parente o affine fosse titolare, amministratore o dipendente con poteri di rappresentanza, di una società cooperativa; l’interpretazione dell’ art. 10, c. 2, l.r. n. 31/86 offerta dal Tribunale di Patti nel 2002 risultava superata dalla novella in materia di diritto societario; difatti, il d.lgs. n. 6/2003 aveva frattanto modificato la disciplina in materia di società cooperative, introducendo nell’ordinamento le società cooperative a mutualità prevalente, iscritte in apposito Albo e caratterizzate da finalità di lucro; la deroga disciplinata dall’art. 63 c. 2 Tuel, norma omologa all’art. 10 c. 2 l.r. n. 31/86, non era stata più ritenuta configurabile, dalla successiva giurisprudenza, con riferimento alle Banche di Credito Cooperativo anche se iscritte nell’albo delle società cooperative nella sezione a mutualità prevalente, come la Banca di Credito Cooperativo del Fitalia, quanto Istituti di Credito la cui attività era pur sempre caratterizzata dal fine di lucro, con conseguente insussistenza di quella “mutualità pura” che - prima della riforma del diritto societario - aveva legittimato la deroga al regime delle incompatibilità; le modifiche normative introdotte dal d.lgs. n. 6/2003 avevano posto le banche di credito cooperativo in una posizione diversa da quelle della altre cooperative, ed il relativo fine di lucro aveva reso inapplicabile la deroga al regime delle incompatibilità per il Sindaco e i Consiglieri; difatti, il novellato art. 2519, c. 1, c.c. equiparava le Società Cooperative a mutualità prevalente alle Società per Azioni prevedendo, per entrambe, l’applicabilità delle medesime disposizioni in quanto compatibili; nel caso di specie, era pacifico che il Servizio di Tesoreria del Comune di Longi per gli anni 2015-2019 fosse gestito dalla Banca di Credito Cooperativo della Valle del Fitalia e che il Presidente del C.d.A. fosse Luigi Fabio, fratello del resistente; peraltro, il rapporto parentale tra il candidato Sindaco ed il Presidente dell’Istituto di Credito appaltatore del servizio di Tesoreria Comunale aveva influenzato il voto degli elettori, considerate le modeste dimensioni del contesto economico-sociale e come desumibile dalla circostanza che la lista a sostegno del resistente era stata costituita prevalentemente da personale della Banca di Credito Coop. della Valle del Fitalia, con evidenti conflitti di interesse tra soggetto vigilante (il Comune di Longi) e soggetto vigilato (la BBC della Valle del Fitalia di Longi esercente il Servizio di Tesoreria Comunale). Chiedevano, quindi, che venisse accertata e dichiarata l’ineleggibilità del resistente alla carica di Sindaco del Comune di Longi, ai sensi dell’art. 67, n. 4, della l.r. n. 16/63 e, per l’effetto, ne fosse dichiarata la decadenza dalla carica, ovvero fosse accertata e dichiarata l’incompatibilità del resistente alla carica di Sindaco ai sensi dell’art. 10, c. 2, l.r. 31/86, applicabile ex art. 3 l.r. n. 7/92 e, per l’effetto, ne fosse dichiarata la decadenza dalla carica, non essendo state rimosse le cause di incompatibilità entro la data di presentazione della candidatura ex artt. 13 e 9 l.r. n. 31/86. Si costituiva il resistente, il quale deduceva che: le domande attoree erano inammissibili poiché proposte senza vincolo di subordinazione tra loro; il ricorso era infondato atteso che l’art. 67, n. 4 l.r. n. 16/1963, che riproduceva quanto disposto dall’art. 6 d.p.r. n. 570/1960, era stato dichiarato incostituzionale dalla sentenza Corte Costituzionale n. 450 del 31.10.2000, che aveva ricondotto l’ipotesi di ineleggibilità ivi prevista al regime delle incompatibilità di cui all’art. 10, c. 2, l.r. n. 31/1986; inoltre, l’art. 10 l.r. n. 31/1986 non era applicabile alla fattispecie, poiché disciplinava la differente ipotesi di incompatibilità per il Consigliere Comunale (e, in virtù della citata sentenza della Corte Costituzionale, per il Sindaco) “che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza e coordinamento ha parte direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti….. nell’interesse della Provincia o del Comune, ovvero in Società ed Imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo”, mentre esso resistente non era titolare, amministratore, né dipendente con poteri di rappresentanza e coordinamento della Banca di Credito Cooperativo della Valle del Fitalia di Longi e non traeva, quindi, alcun vantaggio dal servizio affidato dal Comune alla Banca; peraltro, il proprio fratello, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Banca di Credito Cooperativo della Valle del Fitalia di Longi, ex art. 40 dello Statuto non poteva avere un ruolo esecutivo, né svolgere funzioni gestionali, così che non poteva spiegare alcuna influenza sul voto degli elettori; infondata era, ancora, la tesi attorea secondo cui la riforma del diritto societario aveva introdotto una categoria di cooperative del tutto nuova rispetto a quella cui faceva riferimento la l.r. n. 31/1986, in quanto caratterizzata dal fine di lucro, incompatibile con la natura dell’istituto cooperativistico; difatti, la novella legislativa si era limitata a distinguere le società cooperative a mutualità prevalente (artt. 2512, 2513 e 2514) e le cooperative prive della finalità mutualistica, entrambe assoggettate all’obbligo di iscrizione nell’apposito Albo, ma in due distinte sezioni, prevedendo all’art. 223 sexiesdecies disp. att. c.c. che le cooperative a mutualità prevalente fossero iscritte nell’apposita sezione “ai fini della dimostrazione del possesso delle condizioni della prevalenza” del profilo di mutualità; il ricorso era quindi infondato ove traeva dalla citata norma la conclusione che l’iscrizione nell’apposita sezione indicasse la carenza del requisito di mutualità prevalente e, con essa, la presenza di prevalente finalità di lucro; l’applicazione, ex art. 2519, comma 1, c.c., alle Società Cooperative a mutualità prevalente della disciplina delle Società per Azioni era norma di rinvio generale, finalizzata alla regolamentazione dell’attività di impresa ed era estranea alla materia delle elezioni degli Enti Locali; la questione aveva già costituito oggetto del giudizio promosso nei confronti di esso resistente e definito con sentenza n. 2826 del 13.11.2002, passata in giudicato, di modo che il ricorso era inammissibile per violazione del giudicato o comunque degli effetti riflessi del giudicato; infine, la giurisprudenza invocata dai ricorrenti non era applicabile al caso di specie, in quanto relativa ad una vicenda del tutto differente. Chiedeva, quindi, il rigetto del ricorso. 2. Preliminarmente, si rileva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del giudicato sollevata dal resistente, atteso che la sentenza n. 2826 del 2002, è stata pronunciata da questo Tribunale in esito ad un giudizio proposto nei confronti del medesimo resistente, ma da ricorrenti differenti, avente ad oggetto un fatto diverso, ossia le elezioni del 2002, ed avente a fondamento motivi in parte diversi da quelli proposti nel presente giudizio. 3. Nel merito, l’art. 10 l.r. n. 31 del 1986, al c. 1 n. 2, prevede che non può ricoprire la carica di consigliere provinciale, comunale o di quartiere “colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, rispettivamente, nell’interesse della provincia o del comune, ovvero in società o imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione”. Il c. 2 della medesima disposizione prevede che l’ipotesi di incompatibilità di cui al c. 1 n. 2 “non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi, iscritte regolarmente nei pubblici registri”. L’art. 3 l.r. n. 7 del 1992 estende alla carica di Sindaco le cause di ineleggibilità ed incompatibilità previste dalla normativa vigente per la carica di consigliere comunale. Infine, l’art. 67 l.r. n. 16 del 1963, al n. 4, prevede che non può essere eletto Sindaco “chi ha ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini fino al secondo grado, che coprano nell’amministrazione del Comune il posto di segretario comunale, di appaltatore di lavori o di servizi comunali, di esattore, collettore e tesoriere comunale, o in qualunque modo di fideiussore”. La citata normativa regionale contiene disposizioni del tutto analoghe a quelle previste, nella normativa nazionale, dal d. lgs. n. 267 del 2000. In particolare, il c. 1 n. 2- poi trasfuso nel c. 1 quater- dell’art. 61 del d. lgs. n. 267 del 2000, prevede che “non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo di loro fideiussore”. L’art. 63 del medesimo d. lgs., al c. 1 n. 2, prevede poi che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale “colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione”, precisando al c. 2, che “l'ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici”. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 450 del 2000, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previsione contenuta nell’art. 61, c. 1 n. 2, Tuel, laddove riconduceva la fattispecie tra le ipotesi di ineleggibilità, invece che di incompatibilità. La giurisprudenza di legittimità, successivamente alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 450 del 2000, ha affermato il principio secondo cui- una volta ricondotta, dopo e in forza di detta sentenza, la situazione di ineleggibilità di cui all’art. 61, c. 1 n. 2, Tuel tra le cause di incompatibilità- debba trovare applicazione, in via di interpretazione estensiva la deroga prevista dall'art. 63, c. 2, Tuel in relazione alla causa di incompatibilità indicata nel medesimo art. 63, c. 1 n. 2, giacché sarebbe irragionevole non ricondurre a tale deroga, prevista per l'ipotesi in cui sia l'eletto a trovarsi nella condizione di "aver parte direttamente o indirettamente in servizi, esazioni, somministrazioni o appalti nell'interesse del Comune", l'ipotesi, meno grave, in cui nella medesima situazione abbia a trovarsi un "ascendente, discendente, parente o affine in secondo grado". Difatti, alla stregua dei valori costituzionali di ragionevolezza ed eguaglianza, che hanno determinato la pronuncia di illegittimità costituzionale dell'art. 61 n. 2, e dei principi che presiedono all'interpretazione delle norme che limitano l'esercizio dell'elettorato passivo e l'accesso per elezione alle cariche pubbliche sarebbe irragionevole ravvisare l'esclusione dell' incompatibilità ex art. art. 63, c. 2, per colui che, come titolare o amministratore o rappresentante o coordinatore, abbia parte direttamente o indirettamente nell'appalto svolto nell'interesse del comune e ritenere invece incompatibile colui che abbia rapporti di parentela o di affinità sino al secondo grado con altro soggetto che ricopre il posto di appaltatore di un servizio comunale (cfr. Cassazione civile sez. I 30 aprile 2005 n. 9028). Sul punto, il Collegio ritiene pertanto di uniformarsi al precedente di questo Tribunale del 2002, citato da entrambe le parti. 3. Affermata, l’estensibilità in astratto della deroga prevista dall’art. 63, c. 2, Tuel e dall’art. 10, c. 2, l.r. n. 31 del 1986 anche all’ipotesi in cui il candidato Sindaco sia parente o affine entro il secondo grado di un soggetto che copre il ruolo di appaltatore di servizi comunali o di esattore, occorre verificare se detta deroga possa in concreto operare nel caso di specie. Difatti, i ricorrenti hanno escluso l’operatività della deroga- invece invocata dal resistente- in ragione del fine di lucro perseguito dalla Banca di Credito Cooperativo del Fitalia, deducendone l’incompatibilità con la ratio sottesa all’eccezione prevista dall’art. 10, c. 2, l.r. n. 31 del 1986 e, conseguentemente, l’inapplicabilità al caso di specie. In passato, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire- con riferimento all’art. 3 della l. n. 154 del 1981, di contenuto analogo a quello dell’art. 63 Tuel- che “la fattispecie prevista dal n. 2 dell'art. 3 (corrispondente all'art. 15 n.7 del d.P.R. n.570 del 1960) attiene al conflitto di interessi: la ratio della norma risiede nella finalità di evitare il pericolo di danno per l'ente locale dipendente dalla identità tra il suo amministratore ed il soggetto privato avente parte in servizi, esazioni, somministrazioni o appalti. Esulano, pertanto, dalla previsione della norma, quei profili attinenti alla necessità del controllo che, ove imposti dal precetto normato, tendano ad evitare la possibile confusione nello stesso soggetto della figura di controllore e di controllato che ne possa pregiudicare il concreto espletamento. Si comprende allora come la deroga di cui al secondo comma dell'art. 3 tragga fondamento dal profilo puramente economico che presentano le attività contemplate dal n. 2 (servizi, esazioni di diritti, somministrazioni, appalti), per modo che il conflitto di interessi non è rilevante giuridicamente nei confronti di coloro che hanno parte in cooperative regolarmente iscritte nei pubblici registri. In tal caso il conflitto è ritenuto inesistente proprio per le garanzie offerte dalla natura dell'ente allorché sia una cooperativa caratterizzata dalla assenza di lucro e da un ordinato svolgimento della attività soggetta ai controlli in base alla legislazione sulle cooperative” (cfr. Cass. civ., Sez. 1, Sentenza n. 7229 del 1990, in parte motiva) . Per giurisprudenza ormai consolidata, quindi, il fondamento della deroga sancita dall’art. 63, c. 2, Tuel risiede nella struttura cooperativista degli enti cui il soggetto eletto partecipa con funzioni deliberative- ovvero, attesa, come detto l’identità di ratio, cui partecipa con funzioni direttive un parente o affine sino al secondo grado dell’elettoavendo ritenuto il legislatore che “la struttura cooperativistica, le finalità non di lucro perseguite dalle cooperative, i controlli cui queste sono sottoposte, offrono un complesso di garanzie tale da assicurare che i soggetti che le dirigono” non si trovino nelle condizioni di far conseguire indebiti profitti all'ente privato a discapito dell'ente territoriale (cfr. Cassazione civile, sez. I 30 aprile 2005 n. 9028). Il suddetto principio è stato più volte ribadito in giurisprudenza (v. Cass. civ., sez. 1, sentenza n. 8387 del 31/03/2008, secondo cui “in materia di elezione alla carica di consigliere comunale, sussiste l'incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, n. 1, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel testo vigente anteriormente alla modificazione della norma da parte dell'art. 14-decies del d.l. 30 giugno 2005, n. 115, introdotto dalla legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, nel caso del dipendente, che sia titolare di poteri di coordinamento, di una banca di credito cooperativo, affidataria del servizio di tesoreria comunale del Comune al quale si riferisce l'elezione”). Nel caso di specie, i ricorrenti hanno dedotto in giudizio la sussistenza, in capo ad Antonino Fabio, della causa di incompatibilità prevista dall’art. 67, c. 1 n. 4, l.r. n. 16 del 1963, atteso che il fratello è- pacificamente- Presidente della Banca di Credito Cooperativo del Fitalia, istituto cui è stato affidato il servizio di Tesoreria del Comune di Longi, ove il Fabio è stato eletto Sindaco. Quest’ultimo ha eccepito l’applicabilità della deroga prevista dall’art. 10, c. 2, l.r. n. 31 del 1986, deducendo la natura a mutualità prevalente dell’istituto di credito presieduto dal proprio fratello. In una fattispecie similare, antecedente alla riforma del diritto societario, la Suprema Corte ha ritenuto che “la deroga alla causa di incompatibilità prevista dall'art. 63 n. 2 cit. ritenuta estensibile, per le ragioni dette, al caso di specie, riguarda "coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici". Essa è dunque disposizione che intende dare rilevanza alla mutualità in quanto è proprio in forza della causa mutualistica che l'impresa cooperativa si differenzia dall'impresa individuale o collettiva caratterizzata dalla causa di lucro (artt. 2249/2195 e 2082 c.c.) sicché nel testo dell'art. 63 la cooperativa è contrapposta (come fondamento dell'esclusione della causa di incompatibilità) alle "società ed imprese volte al profitto di privati" menzionate al c. 1 n. 2 e tenute in considerazione, proprio in quanto volte a realizzare lo scopo di lucro, che è visto come possibile fonte di un conflitto di interessi. Ora, se la deroga è in funzione o in favore della mutualità […]deve dunque, in effetti, ritenersi che in tanto l'avere a trattarsi di una cooperativa possa dar luogo alla deroga di cui al n. 2 dell'art. 63 ed escludere la causa di incompatibilità di che trattasi in quanto la cooperativa sia iscritta in quello che può anche definirsi il registro ufficiale della mutualità organizzata: quel registro prefettizio e quello schedario generale della cooperazione di cui agli artt. 13 e 15 del citato d.l. n. 1577 - iscrizioni obbligatorie certamente non surrogabili da quel diverso accertamento della "finalità mutualistica" che la Corte di merito ha ritenuto - con argomentazione esposta ad abundantiam - di poter ricavare, per la Cooperativa di che trattasi, dalla configurazione di questa come "piccola società cooperativa ex art. 21 legge 7.8.1997 n. 266 (interventi urgenti per l'economia). È erroneo dunque l'aver ritenuto applicabile la "deroga" senza che di tale iscrizione fosse stata data la prova, nel sostanziale difetto, cioè, di una condizione necessaria (o requisito essenziale) per la sua concreta operatività” (cfr. Cassazione civile, sez. I 30 aprile 2005 n. 9028). Nel caso di specie, per vero, il resistente- su cui incombeva il relativo onere- non ha in alcun modo provato non solo l’assenza dello scopo di lucro della Banca di Credito Cooperativo del Fitalia, atta a determinare l’applicazione dell’invocata deroga, ma neanche la sua regolare iscrizione nel registro delle imprese nella sezione a mutualità prevalente, non avendo allegato alcun documento a sostegno di tali asserzioni. Del tutto irrilevante rimane infine la circostanza dedotta dal resistente, secondo cui il fratello, ex art. 40 dello statuto, non svolge un ruolo esecutivo né funzioni gestionali, atteso che quale Presidente del C.d.A. lo stesso svolge certamente, come emerge dal medesimo art. 40 dello Statuto, allegato alla memoria di costituzione, un ruolo direttivo, con poteri di impulso e di voto, oltre ad avere rappresentanza della società e l’uso della firma sociale. Il ricorso va dunque accolto, con la declaratoria di incompatibilità ex 67, c. 1 n. 4, l.r. n. 16 del 1963, dell'eletto Antonino Fabio alla carica di Sindaco del Comune di Longi, non avendo quest’ultimo tempestivamente provveduto a rimuovere la causa di incompatibilità, che pacificamente tuttora persiste, e per l’effetto deve essere dichiarata la decadenza. 4. Le spese di lite seguono la soccombenza e- avuto riguardo al valore indeterminabile della controversia, all’assenza di attività istruttoria ed all’aumento ex art. 4, c. 2, d.m. 55 del 2015- si liquidano nei minimi tariffari in € 4.071,60 per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa. 
 P.Q.M. 
 Il Tribunale di Patti, pronunciando nel procedimento iscritto al n. 1187/2017 r.g., proposto da Antonino Miceli e Leone Zingales nei confronti di Antonino Fabio, così provvede: - dichiara l’incompatibilità ex 67, c. 1 n. 4, l.r. n. 16 del 1963, dell'eletto Antonino Fabio alla carica di Sindaco del Comune di Longi e, per l’effetto, ne dichiara la decadenza; - condanna il resistente al pagamento, nei confronti dei ricorrenti, della complessiva somma di € 4.071,60 per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Sindaco ed alle parti.
 Così deciso in Patti, nella Camera di Consiglio del 19.03.2018. 

 Il Giudice rel.                                             Il Presidente 
 dott.ssa Marialuisa Gullino                  dott.ssa Concetta Alacqua“”










 ___________________________________________________________________________________________________________

PUBBLICO ALCUNI COMMENTI E RISPOSTE SULLE NOTE DELL'ARGOMENTO IN NARRAZIONE. HO DEPENNATO I NOMI PER UNA QUESTIONE DI PRIVACY. QUELLO CHE CONTA E' IL CONTENUTO IN MODO CHE OGNUNO POSSA FARSI UN CONVINCIMENTO SULLA REALTA' IN CUI CI TROVIAMO. 

  INTERLOCUTORE LONGESE 

  • Buonasera ... io e lei non ci conosciamo e ho appena letto la sua famosa lettera nei confronti del mio SINDACO . A quanto vedo lei è chiaramente di parte cu du stupudu ninu Miceli e tutti chiddi chi u vutaru. Lei inizia la sua lettere dicendo che ama il suo paese che gli vuole bene ecc ecc .. e allora se lei ama il suo paese per come dice perché spera che un SINDACO con gli attributi di sotto sia mandato a casa ?? Perché forse ha fatto più cose lui in 8 mesi e non il suo amato sindaco Lazzara ??? Beh lei spera come tutti quella della vostra lista che il SINDACO nino Fabio se ne va a casa perciò siete così ignoranti che volete un commissario apposto del SINDACO ?? E questo è tutto il bene che lei vuole ad un paese .... che piano piano sta morendo ... E POI NI LAMINTAMU SI NI CHIAMANU BABBI DI LONCI . Fate ridere siete un partito di quaquaraquà .la saluto.



  • Come già ho detto ad un altro amico, io non sono nè con Miceli nè con Fabio, nè sono stato con Lazzara, il quale peraltro è stato un mio avversario politico. Ho fotografato la situazione reale ed ho espresso il mio punto di vista, che invito a rileggere ancora una volta con attenzione. Per il bene del paese, ci sono troppe incrostazioni legate al passato, che bisogna rimuovere e questa è l'occasione buona. Occorre dare spazio ai giovani, il paese ha bisogno di rinnovamento per non "continuare a morire". In tutti i casi, grazie per il messaggio . Buona giornata.



  • Ha bisogno di giovani ?? Il paese sta morendo ha bisogno di uno che lo può fare Tornare come prima ...e piano piano stiamo iniziando a fare qualcosa ...Tipo la sagra del suino nero L estate longese e tante altre cose ... e nessuno e dico NESSUNO è meglio del sindaco Fabio quindi inutile che scrive ancora cose su facebook perché tanto a lei e tutti quelli con Miceli non vi resta soltanto che parlare ... avi 10 anni che parlate se eravate bravi a fare il bene del paese per quanto siete bravi a parlare a quest ora longi non stava morendo . 



  • Avrei piacere parlare personalmente della vita politica del paese dal 1993 ad oggi. Ribadisco, non ho nulla a che spartire con Miceli, con Lazzara e nemmeno con Fabio. So soltanto che il paese è spaccato a metà e che fra qualche anno vi troverete allo stesso punto in cui siete adesso. Ed allora? Leggete tutto l'intero testo che ho pubblicato 



  • Si se apposto di Fabio ci sarà il commissario oppure qualche altro incapace come Lazzara allora saremo peggio di adesso . Il paese deve essere governato da Fabio perché noi cittadini abbiamo votato lui e bonu. Non ci sono scuse che tengono . Lui sarà primo cittadino per questi 5 anni e pure per i prossimi 5 questo è garantito .



  • Per intanto, la gestione del comune verrà affidata al vice sindaco, il consiglio comunale resterà in carica. Per il commissario sarà il Prefetto o l'Assessore regionale agli Enti Locali a decidere. In tutti i casi non bisogna tornare al passato. In Italia ed in Sicilia le cose stanno cambiando. Perchè Longi deve rimanere fermo? Ci sono tanti giovani che possono fare molto: il paese ha bisogno di rinnovamento per non "continuare a morire". In tutti i casi, grazie per il messaggio . Su via, siate ragionevoli Siete illusi, il Tribunale applicherà la legge, in II grado e III grado. Non si può sfuggire. Buona giornata .


  1. Per intanto quello che dice lei sono altamente minchiate. Il SINDACO È NINO FABIO . Se a le gli brucia tutto questo non scriva Nnt più da nessuna parte e perché sei solamente ridicola Ridicolo Poi con il passare del tempo vedi a chi da ragione il tribunale Lei dove sta a Palermo ?? Si resti a Palermo e si faccia i cazzi di Palermo .


  •  Adesso andiamo alle offese. Non mi va di continuare con chi ragiona con i paraocchi e sa solo offendere . CHIUSO

  • ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ 

ALTRO INTERLOCUTORE LONGESE 

  •  Tanino ma ti da fastidio che fa ricorso ed in attesa di giudizio e Sindaco a tutti gli effetti .ma da che parte stai?
  • Gaetano Zingales. Da nessuna. Nè con l'uno nè con l'altro. Sono per la realtà dei fatti. Ti consiglio di leggere di nuovo e bene ciò che ho scritto 
  • Troppo lungo in ogni caso non ti puoi sostituire alla giustizia. Buona giornata
  • Gaetano Zingales. Infatti , io non mi sostituisco alla giustizia, che ha fatto e farà il suo corso. Ma il mio invito è dettato dal buon senso di fronte al paese che si trova in forte sofferenza e disorientato. B...., prima di affermare determinate cose che mi riguardano, leggi bene tutto il mio testo - necessariamente lungo - per capire bene il senso di ciò che intendo affermare e suggerire 
  • Tanino a Longi ci abitiamo noi e momentaneamente non ci serve un commissario ,noi cittadini e sostenitori di questo Sindaco , siamo con lui nella sua lotta affinché la magistratura gli darà ragione. Con questo messaggio chiudo il discorso. Ciao 

  • ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^                                      COMMENTO DI UNA LONGESE 
  • Credo che questo articolo rispecchi molto 'il sentire' dei longesi in questi giorni  che non sono certo stati dei migliori; purtroppo un certa difficoltà o discrezione ci impedisce di esprimere liberamente la nostra opinione, non perchè non siamo in democrazia (voglio sperare) ma perchè vige un certo caos...credo, allora, che per fare chiarezza occorrerebbe quella decisione tanto chiaramente prospettata dal prof .Zingales, perchè chi rappresenta le istituzioni ha un compito morale assai più alto del semplice cittadino in quanto funge da modello, da esempio morale ed educativo per tutti! E da semplice cittadina come tutti i cittadini abbiamo il diritto di avere questo modello indipendentemente da qualsiasi schieramento! Non me ne voglia male nessuno se ho espresso il mio punto di vista, infatti a volte o spesso il silenzio uccide noi stessi e i nostri valori più cari !auguro a tutti di prendersi la responsabilità del proprio pensiero e del proprio agire. 
  •  Non capisco come si possa indirizzare una lettera su Facebook se la persona interessata su Facebook non c è . La ridicolezza non ha limite. 
  •  Bisognerebbe chiedere al mittente che non sono io. Nonostante questo mi va di risponderti: col tempo ho imparato a dare più valore alla sostanza delle cose che alla loro forma ma per un attimo concentriamoci su questa; hai proprio ragione …..... nel sostenere che in un'epoca dove i socialnetworks sono molto diffusi e le notizie circolano velocemente tanto da esserne sopraffatti, occorrerebbe inviare le lettere usando la posta tradizionale almeno per avere la certezza che il destinatario le riceva ma non sono neppure 'sicura di questa certezza'. Invece penso che proprio questa ultima opzione sarebbe ridicola anzi preferisco usare un altro termine più consono: retrograda quasi da medioevo. Inoltre, sono a conoscenza che il blog del prof. Zingales sia una delle pagine giornalistiche online più lette e le notizie su di esso pubblicate difficilmente possono sfuggire , in più su Facebook esiste una pagina: Vivere longi, qual è la sua funzione?
  • ========================================================================================= RESPINGO AL MITTENTE LE OFFESE, DI CUI SOPRA, TRATTANDOSI DI PERSONA INEDUCATA, CHE RAGIONA COL PARAOCCHI E CHE IGNORA COME STANNO LE COSE. PER IL QUALE LA CULTURA E' ACQUA SPORCA E SI RITIENE, INOLTRE, DI ESSERE IL SOLO DEPOSITARIO DELL'APPARTENENZA AL PAESE DI LONGI, COME SE TUTTI COLORO CHE VI SONO NATI, SEMPRE PER QUELLI COME IL SOGGETTO IN QUESTIONE , NON ABBIANO DIRITTO A CHIAMARSI LONGESI  E NON SI DEBBANO INGERIRE SUL FUTURO DEL LORO PAESE.  
  • POTREI CONTINUARE NEL RIVENDICARE L'ESSERE MIO LONGESE PER NASCITA E PER ANTICA DISCENDENZA AVENDO SCRITTA, PERALTRO, I MIEI ANTENATI ED IO PERSONALMENTE, UNA PARTE DELLA STORIA DEL PAESE. 
  •  SAREBBE OPPORTUNO CHE TALUNI , PRIMA DI APRIRE BOCCA, S'INFORMASSERO OPPORTUNAMENTE CHI E' IL LORO INTERLOCUTORE ED AGGANCIASSERO LA LINGUA (IN QUESTO CASO LA PENNA) AL CERVELLO.                
  • SCUSATE LO SFOGO  . 
  • g.z.

Nessun commento: