12 settembre, 2019

AL POETA NINO FERRAU'




Fu intorno agli anni '50 che conobbi Nino Ferraù. Era nipote di un mio zio acquisito che spesso andavo a trovare assieme a sua moglie, mia zia, in quel di Galati Mamertino. Ma lo incontravo anche a Longi quando accompagnava lo zio comune; pertanto si era instaurato un confidenziale rapporto tra lui, giovane maestro elementare, e me, ragazzo di dieci anni. Un giorno Nino mi consegnò un foglietto: “tieni, l'ho scritta per te”. Era una poesia intitolata “L'orfano”. Quell'orfano ero io in quanto avevo perso il papà durante la seconda guerra mondiale. La custodivo tra le mie cose più care, ma, durante le traversie della mia vita, non l'ho più trovata. Nè più ci incontrammo con Nino per gli eventi che ne seguirono. Ebbi modo di leggere, in seguito, alcune sue poesie ed il loro contenuto mi affascinava sempre coinvolgendomi emotivamente.

 
Nino Ferraù ( ph da internet)


Qualche mese addietro mi capitò casualmente di leggere un articolo attraverso il quale appresi che il Comune di Galati Mamertino bandiva un concorso di poesie intesto alla memoria di Nino Ferraù.
Venni sollecitato interiormente a partecipare per ritrovare idealmente una antica memoria della mia infanzia che aveva vista quella persona vicina in quegli anni , non belli, della mia vita.
Ho saputo che le poesie inoltrate all'indirizzo del Premio Ferraù non sono state tra quelle “apprezzate” dalla giuria. Le pubblico qui dedicandole al Maestro Nino Ferraù per ricambiare, ora per allora, dopo circa 70 anni, quelle rime che Egli volle dedicare ad un bambino longese . Anche se il contenuto di queste mie rime nulla ha a che vedere con la figura del Poeta galatese, ciò che conta è la spiritualità che unisce il sentire di due esseri in cui le parole ispirate trasmettono un messaggio di umana riflessione che induce la mente a librarsi verso le alte vette dei sentimenti.
G.Z.



UNA TERRA, UN AMORE

Terra
ove le ore fanno
“din, din, din, den”;
terra
della quale il passo conosce
il selciato d’ogni vicolo;
terra
il cui respiro penetra
nelle sacche del cuore;
terra
dove l’aria silente
non è solitudine
ed il bianco delle nevi
è calore fra la gente;
terra
dove il crepuscolo
è preghiera
e la luna tra i monti
fa luccicare
le acque terse;
terra
laddove t’inonda
il forte
dolce sapore
d’un rosolio
di casa tua.
Terra verde
dei noccioli e degli ulivi
terra rossa
tra i castagni
terra brunita
tappeto già stinto
di campi
arsi ed abbandonati
terra grigia
di rocce
sentinelle
di tegole vermiglie.
Terra mia
e dei miei padri
ove un amore sospinto
tra i rovi senza linfa
trova pace
nel bacio
dell’ultimo silenzio.


 Foto panoramica di Longi per l'obiettivo di Nino Serio



Ho nel cuore
le tue pupille d’ametista
quando
sul margine di un giornale
ti scrissi:
“ti amo”;
ho nel cuore
il tuo fidiaco
bel volto
quando
nel silenzio del bosco
ti gridai:
“vuoi essere mia?”;
ho nel cuore
la tua mano
sulla mia guancia
quando
mi sussurrasti:
“si, anch’io ti amo”;
ho nel cuore
il fiume delle tue lacrime
quando
ti annunciai:
“domani, vado via”;
ho nel cuore
il vermiglio delle tue labbra
quando
mi implorasti:
“torna”;
ho nel cuore
la tua stretta di mano
quando
mi dicevi:
“ti aspetterò”.

Ho nel cuore
quel bacio
che non ci demmo
quel profumo del tuo corpo
che non potei stringere al mio;
ho nel cuore
la rosa
per i tuoi vent’anni
che tu baciasti
che io baciai.

Ho, qui,
in questo vecchio cuore
un’angoscia infinita
un cespuglio
di rovi
per non averti detto:
”tornerò”.


Gaetano Zingales


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