Dal mio saggio storico
“Quel borgo baciato dalle acque del Mylè”, estraggo i
capitoli relativi alle biografie di alcuni personaggi longesi che
hanno onorato il nome del loro paese natio attraverso atti e
comportamenti che li hanno resi illustri e degni di essere ricordati
dalle generazioni future.
Ma il nostro paese,
invero, nel corso degli anni e delle Amministrazioni che si sono
succedute, non ha inteso rendere loro i giusti onori rammentandoli
attraverso l'intestazione di una strada, di una piazza, di un
monumento anche. Forse perchè non hanno operato nella comunità
longese oppure perchè non sono morti a Longi né ivi hanno avuto
sepoltura.
Qualcuno di questi è
stato rammentato per iniziativa personale dei loro discendenti.
Voglio rammentare il detto “ nemo propheta in patria”, secondo
una frase scritta nei Vangeli che riportano le parole che
Gesù
stesso aveva proferito: “un profeta non riceve onore nella sua
patria”.
E'
triste!
Negli
annali storici della loro attività sociale, religiosa ,
professionale e del cursum honorum nell'ambito della propria
condizione “lavorativa” , viene riportato il nome e cognome
seguito dall'epiteto “da Longi”. La Storia li ricorda così, il
loro paese no.
Pubblico,
a puntate , le loro vite riguardanti l'impegno sociale, senza foto
purtroppo per motivi tecnici in quanto estrapolate dalla bozza del
mio libro di cui sopra. La pubblicazione ha lo scopo di rammentarli
ai concittadini longesi ma soprattutto ai giovani affinchè sappiano
“a quali personaggi famosi” Longi ha dato i natali. Buona lettura
Gaetano
Zingales
P.S.
Mi riprometto , tempo libero permettendo, di pubblicare , circa ogni
settimana, una biografia per volta
__________________________________________________________________
P.
Tommaso Landi da Longi : un longese,
grandissimo, che meriterebbe l’onore
degli
altari
Longi:
anno 1599, 580 anime. Era feudatario il barone Baldassare della
potente famiglia Lancia. Faceva parte della corte di nobili e di
maggio-renti locali la famiglia dei baroni Landi, da cui nacque, in
quell’anno, Paolo. Compiuta l’età, il giovane Landi chiese di
indossare l’abito do-menicano presso il Convento di S. Girolamo in
Messina e cambiò il suo nome di battesimo con quello di Tommaso:
Paolo Landi divenne, così, Padre Tommaso Landi da Longi. Conseguita
la laurea in teologia, pro-fuse il suo impegno a formare un nucleo di
missionari, dei quali egli fu il capo ed il pioniere.
Dopo
dieci anni di evangelizzazione, con incarichi in terre lontane –
siamo già nel 1640 – il Padre Generale Provinciale lo premiò col
titolo di Baccelliere, il quale gli consentiva di accedere ai gradi
accademici superiori. Si dedicò, quindi, all’insegnamento, a
Messina, della cui sede fu anche Priore, dopo esserlo stato altresì
del Convento di S. Zita a Pa-lermo. In entrambe le sedi, promosse
l’edificazione della Cappella dedi-cata alla SS. Vergine del
Rosario. Finito il suo incarico di Priore, fu in-viato nelle missioni
d’Oriente ed arrivò a spingersi nelle regioni dei Tar-tari per la
conversione di quei popoli barbari. Dal 1648 e sino al 1655 fu
Vicario Generale della missione di Chio.
A
seguito della sconfitta turca, avvenuta nel 1644, ad opera dei
Cava-lieri Gerosolimitani di Malta, i Maomettani, vedendo Tommaso
Landi molto attivo nel suo ministero, lo presero per spia e lo
imprigionarono. Fu liberato grazie all’intervento da parte di un
influente personaggio greco, certo Giovanni Castelli.
In
data 2 aprile 1655, il Padre Generale dell’Ordine invitava Tomma-so
Landi ad accettare la carica di Priore della Valletta e Vicario
Genera-le dell’isola di Malta. Rientrato a Messina, dopo
l’espletamento della missione a Malta, fu designato Direttore dello
Studio Generale della città e, nel 1660, insignito del titolo e dei
privilegi di Maestro in Teolo-gia. “Per la fama del suo apostolato
e per le sue eroiche virtù, Papa Alessandro VII voleva crearlo
Vescovo di Nixa, isola dell’arcipelago gre-co; ma la sua profonda
umiltà non gli fece accettare la meritata onorificenza e l’eccelsa
dignità, onde per il resto della sua vita, volle tenersi nascosto al
mondo”.
Tommaso
Landi coltivava, altresì, la penitenza, sottoponendosi a di-giuni o
dividendo il suo vitto ai poveri, battendosi il corpo a sangue,
dormendo poco, disteso sul pavimento o sulle travi del letto,
portando, per 15 anni, sul corpo nudo, un pungente cilicio e un’aspra
catena di ferro ai fianchi per rendersi degno di Gesù Cristo. Egli,
nato ricco e nobile, vestì poverissimo e con abiti dimessi
coltivando il disprezzo per la propria persona. La sua famiglia,
proprietaria di terreni a Longi, gli assegnò un legato di 15 scudi
annui, per i suoi bisogni personali, ma Padre Tommaso devolvè questi
denari al Convento; così come non ac-cettò mai regalie da parte di
parenti ed amici.
Fece
erigere una Cappella in Messina in onore di S. Tommaso d’Aquino,
del quale volle imitare la bellezza virginale. Virtù, questa, che
promanava dal volto splendente di candore, talvolta straordinario,
che era più intenso quando distribuiva l’Eucaristia ai fedeli: il
suo viso era “tutto raggiante di luce a guisa di stella
splendente”.
Come
Padre Pio, in tempi recenti, cui fu donata la possibilità
dell’ubiquità, anche il nostro venerabile concittadino fu baciato
dal do-no della bilocazione. Pur trovandosi, in quel periodo, a
Malta, il Padre comparve, infatti, a Messina, ad un Magistrato di
Corte, Nunzio Luca, mentre questi implorava la S. Vergine del
Rosario. Il fenomeno ebbe a ripetersi anche dopo la Sua morte e, ad
ogni apparizione, per il detto magistrato le cose si appianavano.
Il
18 gennaio 1669, all’età di 70 anni, Padre Tommaso Landi da Lon-gi
rese la sua bell’anima a Dio: consumato dalle dure penitenze,
logora-to dagli attacchi di gotta alla mano ed al piede, una lenta
febbre, in po-chi giorni, lo ridusse in fin di vita. Un popolo
immenso partecipò ai suoi funerali e pezzetti delle sue vesti o dei
suoi capelli vennero appli-cati alle parti ammalate dei sofferenti, i
quali, per i meriti del Venerabi-le Padre, “ne ottennero grazie e
prodigi dal Signore, che premia i Suoi Servi dopo la morte”. Il
Capitolo Generale dell’Ordine dei Predicatori, nel 1670, in Roma,
volle onorare questo grande Missionario Domeni-cano, che dedicò se
stesso alla salvezza delle anime, compresa la sua, per la maggiore
gloria di Dio, definendolo “summae Theologiae magi-ster”.
Padre Tommaso è stato anche proclamato “glorioso Venerabile”, in
quanto gli fu riconosciuta l’eroicità delle Sue virtù, praticate
mentre era ancora in vita, che sono proprie dei Santi. Così è stato
onorato, al-lora, dagli eminenti Organismi Ecclesiastici, questo
nostro eccelso con-cittadino, morto in odore di santità.
cattolica
conferisce,
post mortem, a persone che ritiene si siano
distinte per ‘la
santità
di
vita’ o ‘l’eroicità delle virtù’, e per le
quali ha
av-viato il processo di Beatificazione.
Dopo
una prima
fase, in cui si ricono-sce il titolo di servo
di Dio alla
persona in
l’esaminato, in una fase successiva del pro-cesso
il titolo di
“venerabile” è attribuito dal Papa.
Il
‘venerabile’, una vol-ta tale,
potrà procedere verso la
beatificazione e la successiva santifica-
zione dopo il riconoscimento
e l’ufficializzazione da parte della
Congrega-zione
delle Cause dei Santi di
almeno un miracolo,
di
qualsiasi genere, realizzato grazie alle azioni del candidato in
questione”.
Ed
ancora, da “Santi, Beati e Testimoni”:
“L’iter per la santifica-zione. Iniziato il processo canonico per la
sua beatificazione e canonizza-zione, egli è chiamato servo di
Dio. Questo è il titolo che il vescovo d’origine del candidato alla
canonizzazione (e per il Papa non può che es-sere Roma) gli
conferisce, quando ritiene che ci siano
“L’iter per la santifica-zione. Iniziato il processo canonico per la
sua beatificazione e canonizza-zione, egli è chiamato servo di
Dio. Questo è il titolo che il vescovo d’origine del candidato alla
canonizzazione (e per il Papa non può che es-sere Roma) gli
conferisce, quando ritiene che ci siano
fondati
elementi per affermare che egli/ella ha vissuto cercando
di
conformarsi radicalmente al Vangelo nelle azioni e nelle
parole e –
per quanto è possibile intuire – nei pensieri e nei
sentimenti. La
prova sta proprio in quella fama di santità, cui
abbiamo accennato
sopra. Non succede a tutti che si scriva:
«Santo subito». Terminata
la severa inchiesta a livello
diocesano, testimonianze e documenti
raccolti nella diocesi di
origine vengono consegnati alla
Con-gregazione delle cause dei
santi. Qui un esperto, il relatore,
esamina e va-luta quel
materiale e prepara un dossier – detto
Positio – in base al quale
almeno nove teologi valuteranno se
effettivamente il servo di Dio
ha vis-suto secondo il Vangelo in modo
non comune. Se il parere
dei teologi è positivo, il servo di Dio è
sottoposto al giudizio di
un’altra Commissione, formata da vescovi
e cardinali. Se
anch’essi sono concordi nel giudizio positivo, il
servo di Dio
viene presentato al Papa, perché emetta il suo pa-rere
definitivo.
Dichiarando che quel servo di Dio ha vissuto con
intensità non
comune le virtù cristiane e che intorno a lui c’è
un’autentica
fama di santità, il Papa lo indica come modello
autorevole di vita
evangelica: alla latina, è venerabilis, degno di
essere ammirato e
imitato, degno esempio, per chi voglia
corrispondere alla
proposta, che Dio fa a ogni uomo: «Sii santo,
come lo sono io»
. Dunque, il titolo di servo di Dio è dato
all’inizio del processo
canonico dal vescovo locale, quello di
venerabile è assegnato dal
Papa al termine dei lungo itinerario. A
questo punto si verifica
se il venerabile abbia “compiuto un
miracolo”, come si dice
comunemente. In realtà, Dio solo compie
miracoli: il venerabile
intercede, perché Dio ascol-ti ed esaudisca
le preghiere di coloro
che gli si sono rivolti per chiedergli di
pregare anche lui il
Padre,perché conceda il miracolo. Verificato –
con in-chiesta
altrettanto severa – che si tratta di autentico
miracolo, il Papa
scrive
il venerabile tra i beati, e le persone a lui devote o la
gente della
sua diocesi di origine possono pregarlo come beato
con fiducia e
imitarlo con frutto. Quando il beato farà almeno un
altro miracolo,
il Papa lo procla-merà santo, cioè lo indicherà a
tutta la Chiesa
come un modello di cri-stiano, cui ci si
può rivolgere con
devozione”.
Di
conseguenza, Tommaso Landi aveva iniziato a percorrere i vari stadi
per la sua santificazione; superato il livello provinciale, il Papa
direttamente lo avrebbe proclamato Venerabile. P. Tom-maso era,
quindi, ad un passo della sua canonizzazione. Cosa suc-cesse perchè
il processo si arrestasse?
Ho
interessato, a tal riguardo, la Curia Generalizia dell’Ordo Fratrum
Praedicatorum, la quale mi ha inviato la seguente lettera:
(omissis)
Ho
scritto al Convento Domenicano di Messina, ma non ho avu-to
riscontro. È ovvio, considerato che nel 1908 il famoso tragico
terremoto ha raso al suolo la città e, con essa, sono andati
distrut-ti tutti i documenti conservati negli archivi. Rosario
Priolisi, infat-ti, primo ricercatore della vita del nostro Padre, in
una sua memo-ria scrive che “il convento dei domenicani di Messina,
sito nella via delle Munizioni, è stato distrutto dall’incendio
appiccato dai soldati borbonici al deposito di armi dei rivoltosi del
1848, il quale era attiguo al convento”.
Dimenticato
dai suoi concittadini contemporanei, probabilmen-te perché le
comunicazioni allora erano difficili con il nostro pae-se e le
notizie non giungevano facilmente, a distanza di secoli, Longi, suo
paese natale, saprà renderGli quel giusto onore e quei
riconoscimenti, che Paolo Landi, pardon… il Domenicano “Padre
Tommaso Landi da Longi”, finalmente si merita?
Le
notizie biografiche su P. Landi sono state date da P. Matteo Ange-lo
Coniglione dei Predicatori Domenicani nel bollettino «Eco
di San Domenico» “Un missionario siciliano dimenticato. Ven. p.
Tom-maso Landi da Longi (1599-1669). A. 22, n. 6 (giu. 1950), p.
43-45; A. 22, n. 7 (lug. 1950), p. 53-5”.
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