20 ottobre, 2019

Biografie di longesi illustri - II puntata

Dal mio saggio storico “Quel borgo baciato dalle acque del Mylè”, estraggo i capitoli relativi alle biografie di alcuni personaggi longesi che hanno onorato il nome del loro paese natio attraverso atti e comportamenti che li hanno resi illustri e degni di essere ricordati dalle generazioni future.
Ma il nostro paese, invero, nel corso degli anni e delle Amministrazioni che si sono succedute, non ha inteso rendere loro i giusti onori rammentandoli attraverso l'intestazione di una strada, di una piazza, di un monumento anche. Forse perchè non hanno operato nella comunità longese oppure perchè non sono morti a Longi né ivi hanno avuto sepoltura.
Qualcuno di questi è stato rammentato per iniziativa personale dei loro discendenti. Voglio rammentare il detto “ nemo propheta in patria”, secondo una frase scritta nei Vangeli che riportano le parole che Gesù stesso aveva proferito: “un profeta non riceve onore nella sua patria”. E' triste!
Negli annali storici della loro attività sociale, religiosa , professionale e del cursum honorum nell'ambito della propria condizione “lavorativa” , viene riportato il nome e cognome seguito dall'epiteto “da Longi”. La Storia li ricorda così, il loro paese no.
Pubblico, a puntate , le loro vite riguardanti l'impegno sociale, senza foto purtroppo per motivi tecnici in quanto estrapolate dalla bozza del mio libro di cui sopra. La pubblicazione ha lo scopo di rammentarli ai concittadini longesi ma soprattutto ai giovani affinchè sappiano “a quali personaggi famosi” Longi ha dato i natali. Buona lettura



P.S. Mi riprometto , tempo libero permettendo, di pubblicare , circa ogni settimana, una biografia per volta


Francesco Gemma

La storia di un uomo, impegnato nella 

costruzione della giustizia sociale. Un 

Don Bosco “ante litteram”




Dalla pubblicazione dello scrittore Rosario Priolisi, dal titolo 

“Padre Francesco Gemma”, inserisco alcune pagine.

Note biografiche

“Nasce a Longi il 20 marzo 1685. Al battesimo gli viene imposto il no-me di Francesco.

I suoi genitori sono Antonio e Rosalia Gemma, di famiglia borghese, che possedeva beni e a cui appartengono magistrati, avvocati, funzio-nari e commercianti. Abitano nella casa di ampi locali sita lungo il cor-so dell’attuale via Scuola…

Sin da piccolo Francesco ha l’opportunità di ascoltare gli esercizi spirituali e quaresimali dei Padri Gesuiti di Palermo e dei Padri Dome-nicani di Messina, chiamati annualmente dalla parrocchia, dando i primi germi ed impulso di una vocazione religiosa.

A 12 anni, ottenuta l’autorizzazione del padre, entra in seminario, Collegio d’istruzione dei gesuiti di Messina, ove completa il suo percor-so formativo e scolastico, addottorandosi in lettere classiche, filosofia, diritto e morale, nell’Università Studiorum dello stesso Ordine. Fra i componenti della famiglia, il fratello Antonio, medico.

Ritorna alla casa del Padre in età veneranda; sepolto nella chiesa-madre, la lapide con l’epigrafe viene divelta, così come molte altre, nel corso dei lavori di rifacimento del pavimento, eseguiti negli anni 1935-1936.

Dagli atti consultati apprendiamo pure che celebra due matrimoni nel maggio del 1751 e settembre 1771; che provvede, a sue spese, al re-stauro degli affreschi alla volta della cappella del Santissimo Sacra-mento e dell’altare maggiore in marmo policromo della chiesa del SS Salvatore (preziose opere d’arte distrutte dalla frana che ha investito il paese il 15 marzo 1851). La chiesa, nel tempo, era un fiore all’occhiello di fede e di tradizioni, quale sacra sede di solenni celebrazioni liturgi-che ed Eucaristiche, dettagliatamente trascritte e riportate in atti nell’archivio diocesano di Patti.”

Il Sacerdote FRANCESCO GEMMA era un prete di frontiera, ricco di fede e di coraggio, un prete del ’700 contro l’analfabetismo, un precur-sore di don Bosco e della dottrina sociale che lo ispirava, un prete anti-conformista, che va contro ogni legislazione e prassi, spezzando molti orizzonti culturali consolidati a favore di ragazzi poveri, analfabeti, emarginati, per portarli più vicino a Gesù, nella convinzione che non è possibile scindere l’aspetto ecclesiale da quello sociale, si pone al servi-zio di una chiesa che vive nel mondo, un uomo con un grande carisma per costruire il suo sogno, un uomo, che, in tale contesto, si staglia da protagonista del secolo del nostro paese...

Per concretizzare la sua vocazione, fonda nel nostro paese la prima scuola pubblica dell’istruzione libera, popolare, gratuita, che non piac-que ai padroni, ai nobili, agli insegnanti laici di allora, all’ambiente ec-clesiastico con tendenze conservatrici, ha rilevato quanto per lui fosse doloroso non essere stato capito in particolare da coloro che riteneva i suoi padri…

Operò in una società di esclusione sociale, in un secolo di violenza, nel quale la forza legale non proteggeva in nessun modo la povera gen-te, ed in cui i prepotenti, i padroni calpestavano quotidianamente ogni diritto ed il fenomeno dell’analfabetismo coinvolgeva la quasi totalità dei cittadini, oltre l’80%...

In quel lontano 1700, oltre 25 bambini su 100 morivano prima di raggiungere il primo anno di vita. Per chi ce la faceva, la vita era gra-ma: sin dalla più tenera età dovevano guadagnarsi e cercare il pane, la-vorando da mattina a sera nei campi e sottoposti spesso a violenza so-prattutto dalla classe dei vassalli e valvassini, servi e sudditi del feuda-tario cioè da coloro che, incaricati ad amministrare un feudo, erano obbligati a un tributo e ad un servizio (il regime feudale era molto du-ro, come duri erano i tempi).

L’uomo istruito, aggiungeva, si presenta come uno che sa pensare con la propria testa, giudicare col proprio pensiero, camminare sulle proprie gambe. Senza istruzione, non c’è progresso, l’educazione, l’istruzione, lo studio sono fatti di vita e non di sapere.

Pieno di fede, facendo capire che la fede sposta anche le montagne, capace di superare barriere, diversità, appartenenze, con atto del 4 maggio 1729 rogato dai notai Alessandro Zerino e Messana di Palermo, anticipando i tempi, fonda in Longi la prima scuola pubblica per to-gliere, come si legge nel contesto dell’atto, i ragazzi dalla zappa ed assi-curare loro un avvenire migliore dei loro padri.

Inizia concretamente a dedicarsi all’educazione dei ragazzi come ludi magister, una qualifica che associa le mansioni di maestro, di catechi-sta e direttore spirituale.

I locali della scuola vengono ubicati nell’attuale civica “Via Scuola” così descritti: ampi locali della mia abitazione e di quelli attigui di mio fratello dott. Antonio antistanti la piazza e confinanti col giardino dell’illustre barone di Longi, messo a disposizione della scuola.

Se ne deduce che quelle abitazioni vengono trasformate ed adeguate in un vero e proprio plesso scolastico.

I mezzi finanziari di sostentamento sono ricavati dai frutti delle co-spicue rendite dei beni patrimoniali terrieri ereditati dal padre Antonio e dalla madre Rosalia, dagli interessi delle cartelle del debito pubblico presso la Banca Nazionale di Palermo; inoltre, giusto atto del notaio Lionti di Palermo, dalle rendite dei beni patrimoniali delle concittadine gran dama rev.da madre Suor Gerolama Felice Cottone e della sorella suor Vittoria Felice del Monastero di S. Caterina in Palermo, della fa-miglia di Francesco Cottone, a cui è dedicata una via cittadina, in se-gno di perenne memoria e ringraziamento per avere gestito il negotium frumentarium, cioè l’ammasso di grano e cereali che venivano distribui-ti alla popolazione nelle ricorrenti carestie che seguivano le epidemie di colera e di vaiolo.

Altre rendite destinate alla scuola, giusto atto notarile del notaio Gio-vanni di Salvo di Palermo, sarebbero pervenuti dai frutti dei beni pa-trimoniali, post mortem, ereditati dal padre Francesco, di Maria Lazza-ra senza figli, vedova Giovanni Battista. Nel contesto dell’atto costituti-vo con un linguaggio legato alle coordinate storiche, sociali e culturali dell’epoca, spiega e partecipa le motivazioni della sua scelta: Mi ha af-fascinato l’idea di essere utile a tanti poveri ragazzi per liberarli da tutte le schiavitù dell’uomo, e farli camminare verso un futuro ed una visione nuova”.

Questo, in sintesi, l’organigramma della scuola: la scuola rimane aperta undici mesi all’anno, rimane chiusa dal 16 maggio al 25 giugno per la raccolta, il nutricato da baco da seta in campagna (la coltura del baco era comune a tante famiglie e comunità religiose, si calcolava che un tumulo di terra coltivato a gelseti producesse un reddito annuo di 18 onze di gran lunga superiore ai terreni coltivati).

La seta longese era tanto appetibile da venire spesso richiesta, al pari del lino, come contropartita di derrate agricole o di manufatti, soprat-tutto panni di lana, poco reperibili.

Longi fino agli inizi del 1800 era chiamato il paese della seta, poiche il paesaggio era dominato da morus alba e morus nigra. La scuola ri-mane anche chiusa per i precetti domenicali, festività religiose e civili, fra cui viene annoverata la solennità di S. Antonio di Padova nell’ottavo giorno di agosto, oggi non più rinnovata.

Affida la direzione e la programmazione didattica ai R.R. P.P. Supe-riori e Lettori (professori) della venerabile Compagnia di Gesù di Pa-lermo, Gesuiti dotti e zelanti dotati di spirito e di autorità, ai quali vie-ne assegnato il compito di selezionare il corpo docente, ritenuto idoneo ed abile fra i membri della Compagnia stessa collaborati da sacerdoti secolari, cioè laici, e regolari della terra di Longi, un servizio che esige eccellenti competenze.

Ai ragazzi vengono forniti carta, penne, calamai, libri, sussidiari, te-sti di educazione religiosa e civica. In ogni aula devono essere esposti le immagini del SS. Crocifisso, di Nostra Signora, di S. Michele Arcange-lo.

Ogni allievo, all’entrata e uscita dalla scuola, si genufletta al SS. Cro-cifisso e baci la mano all’insegnante e, prima dell’inizio delle lezioni, si reciti il Pater Noster. L’ora di entrata e uscita dalle lezioni sarà data dalla campanella della vicina S. Caterina. Ogni domenica, i chierici, gli allievi, i maestri, tutti in coro, col vessillo della Croce reciteranno lungo il perimetro della chiesa madre le litanie per imparare la dottrina cri-stiana. Il direttore, gli insegnanti, devono essere tutti consacrati agli educandi, siano come padri amorosi, servano di guida, diano consigli ed amorevolmente correggano, escluso ogni castigo violento, cercando di tenere lontani anche quelli leggeri, di farsi amare che farsi temere nel reprimere e punire gli sbagli commessi, così l’allievo non resta avvi-lito. In loro deve vedere un amico che vuole farlo crescere come buon cristiano, ricco di valori, si faccia in modo che ragazzi già infelici nella società trovino nella scuola un sorriso, un po’ di serenità. “Amateli”, di-ceva, i ragazzi: si otterrà di più. Picchiare gli scolari, aggiungeva, è un errore, il ragazzo è come un albero, che non può crescere bene, se lo si comprime e lo si soffoca.


Completato il ciclo della scuola “elementare” in cui si insegna a leg-gere, scrivere e far di “conto” per diventare poi operai o artigiani, i ra-gazzi, ritenuti idonei per amore allo studio e di buona condotta morale, per merito letterario vengono promossi alla scuola superiore ed avviati allo studio della grammatica italiana, della lingua latina e greca, della filosofia, della matematica, delle leggi civili e canoniche (un ginnasio ed un liceo classico, sempre nella sede scolastica di Longi). Cosi il no-stro paese può vantare il sommo privilegio di avere in quel lontano se-colo non solo un corso di scuola elementare, ma anche di una scuola secondaria. Ai ragazzi di ottimo ingegno, meritevoli per dottrina e co-stume vengono assegnate delle borse di studio per attendere alle pro-fessioni di aromataio (farmacista), di medico fisico e chirurgo, di no-taio, di arti meccaniche.


Altre borse di studio vengono assegnate per chi attende allo studio di pittore, scultore, di artigiano, canto figurato strumenti ecclesiastici.

Per chi attende agli studi della teologia morale, della retorica, della filosofia, e sente la chiamata del Signore a diventare sacerdote è previ-sto il pagamento delle rette a frequentare il collegio della Compagnia di Gesù di Palermo. Rispondendo alla chiamata del Signore, due i giovani (quelli accertati) che hanno beneficiato delle rette di pagamento a fre-quentare il Collegio dei Gesuiti, Tommaso Franchina e Giuseppe Guar-nera divenuti sacerdoti dell’Ordine dei Gesuiti, e poi professori nella stessa scuola istituita da padre”.


N d. r. – Al pari di P. Tommaso Landi, anche P. Gemma ha condotto la sua vita all’insegna del bene verso il prossimo ed i deboli, uniformando lo scorrere della giornata a principi e comportamen-ti umanitari e di profonda fede cristiana. Una vita di santità, ritengo! Il domenicano Landi morì in odore di santità; il gesuita Gemma ritengo altrettanto. Due longesi per i quali nessuno si peritò di iniziare un percorso di procedura ecclesiastica per innalzarli agli onori degli altari. La domanda sorge legittima: perchè? Diverse possono essere le risposte. Ma una, che sa di antica saggezza, è inconfutabile: “nessuno è profeta nella sua patria”! A mio sommesso parere, Longi ha perso più di un’occasione per potersi fregiare di essere il paese natio di qualche santo. Ancora una volta: peccato!



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