Dal mio saggio storico
“Quel borgo baciato dalle acque del Mylè”, estraggo i
capitoli relativi alle biografie di alcuni personaggi longesi che
hanno onorato il nome del loro paese natio attraverso atti e
comportamenti che li hanno resi illustri e degni di essere ricordati
dalle generazioni future.
Ma il nostro paese,
invero, nel corso degli anni e delle Amministrazioni che si sono
succedute, non ha inteso rendere loro i giusti onori rammentandoli
attraverso l'intestazione di una strada, di una piazza, di un
monumento anche. Forse perchè non hanno operato nella comunità
longese oppure perchè non sono morti a Longi né ivi hanno avuto
sepoltura.
Qualcuno di questi è
stato rammentato per iniziativa personale dei loro discendenti.
Voglio rammentare il detto “ nemo propheta in patria”, secondo
una frase scritta nei Vangeli che riportano le parole che
Gesù
stesso aveva proferito: “un profeta non riceve onore nella sua
patria”.
E'
triste!
Negli
annali storici della loro attività sociale, religiosa ,
professionale e del cursum honorum nell'ambito della propria
condizione “lavorativa” , viene riportato il nome e cognome
seguito dall'epiteto “da Longi”. La Storia li ricorda così, il
loro paese no.
Pubblico,
a puntate , le loro vite riguardanti l'impegno sociale, senza foto
purtroppo per motivi tecnici in quanto estrapolate dalla bozza del
mio libro di cui sopra. La pubblicazione ha lo scopo di rammentarli
ai concittadini longesi ma soprattutto ai giovani affinchè sappiano
“a quali personaggi famosi” Longi ha dato i natali. Buona lettura
P.S. Mi riprometto , tempo libero permettendo, di pubblicare , circa ogni settimana, una biografia per volta
Francesco Gemma
La
storia di un uomo, impegnato nella
Dalla
pubblicazione dello scrittore Rosario Priolisi, dal titolo
“Padre
Francesco Gemma”, inserisco alcune pagine.
Note biografiche
“Nasce
a Longi il 20 marzo 1685. Al battesimo gli viene imposto il no-me di
Francesco.
I
suoi genitori sono Antonio e Rosalia Gemma, di famiglia borghese, che
possedeva beni e a cui appartengono magistrati, avvocati, funzio-nari
e commercianti. Abitano nella casa di ampi locali sita lungo il
cor-so dell’attuale via Scuola…
Sin
da piccolo Francesco ha l’opportunità di ascoltare gli esercizi
spirituali e quaresimali dei Padri Gesuiti di Palermo e dei Padri
Dome-nicani di Messina, chiamati annualmente dalla parrocchia, dando
i primi germi ed impulso di una vocazione religiosa.
A
12 anni, ottenuta l’autorizzazione del padre, entra in seminario,
Collegio d’istruzione dei gesuiti di Messina, ove completa il suo
percor-so formativo e scolastico, addottorandosi in lettere
classiche, filosofia, diritto e morale, nell’Università Studiorum
dello stesso Ordine. Fra i componenti della famiglia, il fratello
Antonio, medico.
Ritorna
alla casa del Padre in età veneranda; sepolto nella chiesa-madre, la
lapide con l’epigrafe viene divelta, così come molte altre, nel
corso dei lavori di rifacimento del pavimento, eseguiti negli anni
1935-1936.
Dagli
atti consultati apprendiamo pure che celebra due matrimoni nel maggio
del 1751 e settembre 1771; che provvede, a sue spese, al re-stauro
degli affreschi alla volta della cappella del Santissimo Sacra-mento
e dell’altare maggiore in marmo policromo della chiesa del SS
Salvatore (preziose opere d’arte distrutte dalla frana che ha
investito il paese il 15 marzo 1851). La chiesa, nel tempo, era un
fiore all’occhiello di fede e di tradizioni, quale sacra sede di
solenni celebrazioni liturgi-che ed Eucaristiche, dettagliatamente
trascritte e riportate in atti nell’archivio diocesano di Patti.”
Il
Sacerdote FRANCESCO GEMMA era un prete di frontiera, ricco di fede e
di coraggio, un prete del ’700 contro l’analfabetismo, un
precur-sore di don Bosco e della dottrina sociale che lo ispirava, un
prete anti-conformista, che va contro ogni legislazione e prassi,
spezzando molti orizzonti culturali consolidati a favore di ragazzi
poveri, analfabeti, emarginati, per portarli più vicino a Gesù,
nella convinzione che non è possibile scindere l’aspetto
ecclesiale da quello sociale, si pone al servi-zio di una chiesa che
vive nel mondo, un uomo con un grande carisma per costruire il suo
sogno, un uomo, che, in tale contesto, si staglia da protagonista del
secolo del nostro paese...
Per
concretizzare la sua vocazione, fonda nel nostro paese la prima
scuola pubblica dell’istruzione libera, popolare, gratuita, che non
piac-que ai padroni, ai nobili, agli insegnanti laici di allora,
all’ambiente ec-clesiastico con tendenze conservatrici, ha rilevato
quanto per lui fosse doloroso
non essere stato capito in particolare da coloro che riteneva i suoi
padri…
Operò
in una società di esclusione sociale, in un secolo di violenza, nel
quale la forza legale non proteggeva in nessun modo la povera gen-te,
ed in cui i prepotenti, i padroni calpestavano quotidianamente ogni
diritto ed il fenomeno dell’analfabetismo coinvolgeva la quasi
totalità dei cittadini, oltre l’80%...
In
quel lontano 1700, oltre 25 bambini su 100 morivano prima di
raggiungere il primo anno di vita. Per chi ce la faceva, la vita era
gra-ma: sin dalla più tenera età dovevano guadagnarsi e cercare il
pane, la-vorando da mattina a sera nei campi e sottoposti spesso a
violenza so-prattutto dalla classe dei vassalli e valvassini, servi e
sudditi del feuda-tario cioè da coloro che, incaricati ad
amministrare un feudo, erano obbligati a un tributo e ad un servizio
(il regime feudale era molto du-ro, come duri erano i tempi).
L’uomo
istruito, aggiungeva, si presenta come uno che sa pensare con la
propria testa, giudicare col proprio pensiero, camminare sulle
proprie gambe. Senza istruzione, non c’è progresso, l’educazione,
l’istruzione, lo studio sono fatti di vita e non di sapere.
Pieno
di fede, facendo capire che la fede sposta anche le montagne, capace
di superare barriere, diversità, appartenenze, con atto del 4 maggio
1729 rogato dai notai Alessandro Zerino e Messana di Palermo,
anticipando i tempi, fonda in Longi la prima scuola pubblica per
to-gliere, come si legge nel contesto dell’atto, i ragazzi dalla
zappa ed assi-curare loro un avvenire migliore dei loro padri.
Inizia
concretamente a dedicarsi all’educazione dei ragazzi come ludi
magister, una qualifica che associa le mansioni di maestro, di
catechi-sta e direttore spirituale.
I
locali della scuola vengono ubicati nell’attuale civica “Via
Scuola” così descritti: ampi locali della mia abitazione e
di quelli attigui di mio fratello dott. Antonio antistanti la piazza
e confinanti col giardino dell’illustre barone di Longi, messo a
disposizione della scuola.
Se
ne deduce che quelle abitazioni vengono trasformate ed adeguate in un
vero e proprio plesso scolastico.
I
mezzi finanziari di sostentamento sono ricavati dai frutti delle
co-spicue rendite dei beni patrimoniali terrieri ereditati dal padre
Antonio e dalla madre Rosalia, dagli interessi delle cartelle del
debito pubblico presso la Banca Nazionale di Palermo; inoltre, giusto
atto del notaio Lionti di Palermo, dalle rendite dei beni
patrimoniali delle concittadine gran dama rev.da madre Suor Gerolama
Felice Cottone e della sorella suor Vittoria Felice del Monastero di
S. Caterina in Palermo, della fa-miglia di Francesco Cottone, a cui è
dedicata una via cittadina, in se-gno di perenne memoria e
ringraziamento per avere gestito il negotium frumentarium,
cioè l’ammasso di grano e cereali che venivano distribui-ti alla
popolazione nelle ricorrenti carestie che seguivano le epidemie di
colera e di vaiolo.
Altre
rendite destinate alla scuola, giusto atto notarile del notaio
Gio-vanni di Salvo di Palermo, sarebbero pervenuti dai frutti dei
beni pa-trimoniali, post mortem, ereditati dal padre Francesco, di
Maria Lazza-ra senza figli, vedova Giovanni Battista. Nel contesto
dell’atto costituti-vo con un linguaggio legato alle coordinate
storiche, sociali e culturali dell’epoca, spiega e partecipa le
motivazioni della sua scelta: Mi ha af-fascinato l’idea di
essere utile a tanti poveri ragazzi per liberarli da tutte le
schiavitù dell’uomo, e farli camminare verso un futuro ed una
visione nuova”.
Questo,
in sintesi, l’organigramma della scuola: la scuola rimane aperta
undici mesi all’anno, rimane chiusa dal 16 maggio al 25 giugno per
la raccolta, il nutricato da baco da seta in campagna (la coltura del
baco era comune a tante famiglie e comunità religiose, si calcolava
che un tumulo di terra coltivato a gelseti producesse un reddito
annuo di 18 onze di gran lunga superiore ai terreni coltivati).
La
seta longese era tanto appetibile da venire spesso richiesta, al pari
del lino, come contropartita di derrate agricole o di manufatti,
soprat-tutto panni di lana, poco reperibili.
Longi
fino agli inizi del 1800 era chiamato il paese della seta, poiche il
paesaggio era dominato da morus alba e morus nigra. La scuola
ri-mane anche chiusa per i precetti domenicali, festività religiose
e civili, fra cui viene annoverata la solennità di S. Antonio di
Padova nell’ottavo giorno di agosto, oggi non più rinnovata.
Affida
la direzione e la programmazione didattica ai R.R. P.P. Supe-riori e
Lettori (professori) della venerabile Compagnia di Gesù di Pa-lermo,
Gesuiti dotti e zelanti dotati di spirito e di autorità, ai quali
vie-ne assegnato il compito di selezionare il corpo docente, ritenuto
idoneo ed abile fra i membri della Compagnia stessa collaborati da
sacerdoti secolari, cioè laici, e regolari della terra di Longi, un
servizio che esige eccellenti competenze.
Ai
ragazzi vengono forniti carta, penne, calamai, libri, sussidiari,
te-sti di educazione religiosa e civica. In ogni aula devono essere
esposti le immagini del SS. Crocifisso, di Nostra Signora, di S.
Michele Arcange-lo.
Ogni
allievo, all’entrata e uscita dalla scuola, si genufletta al SS.
Cro-cifisso e baci la mano all’insegnante e, prima dell’inizio
delle lezioni, si reciti il Pater Noster. L’ora di entrata e uscita
dalle lezioni sarà data dalla campanella della vicina S. Caterina.
Ogni domenica, i chierici, gli allievi, i maestri, tutti in coro, col
vessillo della Croce reciteranno lungo il
perimetro della chiesa madre le litanie per imparare la dottrina
cri-stiana. Il direttore, gli insegnanti, devono essere tutti
consacrati agli educandi, siano come padri amorosi, servano di guida,
diano consigli ed amorevolmente correggano, escluso ogni castigo
violento, cercando di tenere lontani anche quelli leggeri, di farsi
amare che farsi temere nel reprimere e punire gli sbagli commessi,
così l’allievo non resta avvi-lito. In loro deve vedere un amico
che vuole farlo crescere come buon cristiano, ricco di valori, si
faccia in modo che ragazzi già infelici nella società trovino nella
scuola un sorriso, un po’ di serenità. “Amateli”, di-ceva, i
ragazzi: si otterrà di più. Picchiare gli scolari, aggiungeva, è
un errore, il ragazzo è come un albero, che non può crescere bene,
se lo si comprime e lo si soffoca.
Completato
il ciclo della scuola “elementare” in cui si insegna a leg-gere,
scrivere e far di “conto” per diventare poi operai o artigiani, i
ra-gazzi, ritenuti idonei per amore allo studio e di buona condotta
morale, per merito letterario vengono promossi alla scuola superiore
ed avviati allo studio della grammatica italiana, della lingua latina
e greca, della filosofia, della matematica, delle leggi civili e
canoniche (un ginnasio ed un liceo classico, sempre nella sede
scolastica di Longi). Cosi il no-stro paese può vantare il sommo
privilegio di avere in quel lontano se-colo non solo un corso di
scuola elementare, ma anche di una scuola secondaria. Ai ragazzi di
ottimo ingegno, meritevoli per dottrina e co-stume vengono assegnate
delle borse di studio per attendere alle pro-fessioni di aromataio
(farmacista), di medico fisico e chirurgo, di no-taio, di arti
meccaniche.
Altre
borse di studio vengono assegnate per chi attende allo studio di
pittore, scultore, di artigiano, canto figurato strumenti
ecclesiastici.
Per
chi attende agli studi della teologia morale, della retorica, della
filosofia, e sente la chiamata del Signore a diventare sacerdote è
previ-sto il pagamento delle rette a frequentare il collegio della
Compagnia di Gesù di Palermo. Rispondendo alla chiamata del Signore,
due i giovani (quelli accertati) che hanno beneficiato delle rette di
pagamento a fre-quentare il Collegio dei Gesuiti, Tommaso Franchina e
Giuseppe Guar-nera divenuti sacerdoti dell’Ordine dei Gesuiti, e
poi professori nella stessa scuola istituita da padre”.
N
d. r. – Al pari di P. Tommaso Landi, anche P. Gemma ha condotto la
sua vita all’insegna del bene verso il prossimo ed i deboli,
uniformando lo scorrere della giornata a principi e comportamen-ti
umanitari e di profonda fede cristiana. Una vita di santità,
ritengo! Il domenicano Landi morì in odore di santità; il gesuita
Gemma ritengo altrettanto. Due longesi per i quali nessuno si peritò
di iniziare un percorso di procedura ecclesiastica per innalzarli
agli onori
degli altari. La domanda sorge legittima: perchè? Diverse possono
essere le risposte. Ma una, che sa di antica saggezza, è
inconfutabile: “nessuno è profeta nella sua patria”! A
mio sommesso parere, Longi ha perso più di un’occasione per
potersi fregiare di essere il paese natio di qualche santo. Ancora
una volta: peccato!
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