30 ottobre, 2019

Longi - Un articolo di Immacolata Pidalà


‘‘NOTE DI GUSTO’’ ED IL FUSO…(ORARIO)

‘‘Note di gusto’’ è una manifestazione ideata territorialmente 4 anni fa
e che fin dal suo primo esordio ha avuto come leitmotiv principale
il dare voce alle tradizioni insite nel tessuto di questa piccola comunità
incastonata nel cuore del parco dei Nebrodi: Longi.                                                   
Si parte dalle tradizioni culinarie, tessili, per passare a quelle artistiche,
musicali e teatrali che hanno da sempre caratterizzato le stagioni epocali
di questo piccolo paesino arricchendolo e accompagnandolo nel corso della
sua esistenza; il tutto mediato dalla Trasversale dei Nebrodi’,un evento naturalistico unico che accomunerà tutti gli amanti del trekking selvaggio impegnati nel percorrere in tre giorni il vasto territorio da Cesarò a Longi sulle tracce del cammino di San Calogero, santo protettore di Cesarò che ha vissuto in questi luoghi mistici.
                               
Ed è in questo contesto che prende corpo la rappresentazione teatrale ‘La leggenda di Testalonga’ messa in scena dalla C.T.L. Nebros e prodotta testualmente dal dott. Zingales Giuseppe; in fondo il teatro appartiene alla memoria storica longese e in quanto arte popolare non può dimenticare di far rivivere quella figura leggendaria del brigante Nino Testalonga , tanto amato dal longese perché è parte integrante delle proprie radici identitarie e perché ricorda il periodo feudale con i suoi duchi, duchesse e servi e quello del brigantaggio con i suoi atti di sfida e di ribellione verso i poteri forti per eliminare lo sfruttamento ai danni della povera gente.
                                                    
Ma il teatro è uno strumento tanto potente da consentire di osare molto di più: con una semplice rappresentazione si vuole trasmettere alle nuove generazioni sia la storia ma anche il suo significato più profondo ossia che in ogni momento storico ed anche quello in cui viviamo esistono ingiustizie, soprusi e violenze di ogni tipo e di cui possiamo essere vittime (‘na cosa vulemu diri e ricurdamminillu sempri tutti:chi unni pati l’omu pati la giustizia, unni pati la giustizia pati l’omu..) ma non bisogna mai smettere di lottare contro di esse proprio come Testalonga e non bisogna mai perdere la speranza che nonostante tutto il bene trionferà; in effetti il nostro personaggio mitico, forse neppure storicamente esistito in queste zone ma in quelle della provincia di Enna, può essere paragonato all’eroe popolare inglese Robin Hood 
poiché come quest’ultimo era in grado con le sue azioni di togliere ai ricchi per dare ai popoli così da ripristinare un’eguaglianza comunitaria ingiustamente soppressa dai prepotenti feudatari (trattasi di una interpretazione locale del protagonista mentre per altri Testalonga fu un feroce bandito)
                                                                                Inoltre durante la narrazione viene utilizzato un arnese che per i tempi moderni è estremamente obsoleto e che risulta completamente sconosciuto ai giovani: il fuso, simbolo di un mondo passato ma anche dello scorrere del tempo che scandisce l’intrecciarsi della trama del racconto, insomma il fuso è l’emblema di questo racconto!                              
La sua presenza fa pensare a questo motto: << posate il vostro cellulare e prendete il  fuso! >> . 
                                     
Il fuso ed il cellulare sono strumenti di due epoche diverse e anche di differenti stili di vita infatti il movimento del filare la lana col fuso è lento, delicato, è quasi come una carezza che scivola dolcemente sul viso di un bimbo; inoltre il ruotare è indispensabile per la trasformazione della massa di lana in un filo sottile che sarà utilizzato per prodotti utili alla sussistenza umana. Di contro maneggiando il cellulare le nostre dita si muovono freneticamente sulla tastiera generando prodotti mentali più o meno necessari… spesso inutili o superflui; ciò è il simbolo della società attuale dove le persone sono continuamente in corsa, non hanno tempo, devono fare velocemente senza respirare e riflettere in maniera adeguata.                                                 

Invece, un tempo tutto era scandito dal fuso, tutto si susseguiva lentamente e c’era spazio per la riflessione, il contatto e la comprensione; l’abbandono del fuso è indice della fine di un’epoca ,di un mondo ormai lontano e l’inizio di una corsa inconsapevole verso chissà quale futuro ci aspetta!!!
Le foto sopra pubblicate sono state riprese dalla commedia "La leggenda di Testalonga " rappresentata dalla filodrammatica longese C.T.L. ‘NEBROS’

                                                                                     
                                                                .   Immacolata Pidalà

Nota personale
Condivido con l'autrice dell'articolo la sua visione e descrizione del movimento del fuso quale simbolo del tempo della civiltà contadina, dove il tempo scorreva lento, lasciando spazio alla riflessione ed al godimento dei momenti vissuti, in contrapposizione alla inutile, talvolta poco educata, distruttiva e patologica frenesia che ha invaso le menti di molti giovani (ma non solo) attraverso il telefonino.
Non sono d'accordo, invece, se si paragona il brigante Testalonga a Robin Hood. La differenza ,com'è noto, sta nel fatto che quest'ultimo, toglieva ai ricchi per darlo ai poveri, quell'altro, invece, uccideva e rubava per il suo sostentamento e per quello degli “accoliti” della sua banda. 
Ed ancora, pongo una domanda: avete provato oggi a raggiungere Longi dalla provincia di Enna? Immaginate le vie di comunicazione tra i due centri (Pietraperzia -Longi), allora, quando scarse ed impervie e rare erano le strade tra i centri minori dell'entroterra della Sicilia .
L'immagine di un Testalonga giustiziere ( come appare nella commedia) è ben lungi dalla mia concezione di giustizia. Quel bandito è stato un "antenato" del nascituro mafioso dei secoli successivi. Anche allora ( ai tempi dei baroni) c'erano i tribunali contro i soprusi dei potenti e dei prepotenti. Questo è quanto penso: ma è solo un mio modo soggettivo di vedere la vicenda narrata.
Ad ogni buon conto, per un arricchimento delle conoscenze sul banditismo dell'epoca pubblico un pezzo sul fuorilegge Testalonga, tratto dalla mia pubblicazione “alle pendici delle Rocche” :

UN ECCIDIO DEL XVII SECOLO
I baroni trucidati dai banditi
....
Si parla di un’agghiacciante tragedia avvenuta ai danni della coppia dei proprietari del castello per opera di una banda di predoni: il barone fu denudato e cosparso di lardo incandescente ed olio caldo, mentre la baronessa ebbe le mammelle tranciate dal pesante coperchio di una enorme cassapanca. Morirono tra stenti indicibili. Per vendetta? Atto di killeraggio, visto che si parla di cassapanca, dove si conservava il grano, per mancato pagamento del pizzo?
La storia locale parla di una vendetta da parte di un uomo, cui i baroni uccisero l’innocente figliolo, al servizio dei signori. Il duplice omicidio, dalla recente  leggenda metropolitana , venne attribuito al feroce bandito Testalonga. Questi mozzava le orecchie e il naso alle sue vittime,e poiché si era dato alla macchia, viveva di estorsioni, di furti di mandrie ed applicava la legge del taglione: ricatti e sequestri furono le sue armi piu usate per colpire potenti e ricchi commercianti.
Sarebbe possibile, considerata la grossa entità della banda, che il Di Blasi la spostasse da Pietraperzia e da Barrafranca, avendola divisa in gruppi, e li sguinzagliasse, come lupi famelici, per tutta la Sicilia centrale? ma il “Robin Hood siciliano” (?) operò, con i fatti di sangue attribuitigli, dal 1765 al 1767, mentre Giuseppe Napoli, barone di Longi al tempo dell'eccidio, visse dal 1735 al 1787.
Non resta, quindi, che scoprire i veri protagonisti dell’evento citato: impresa non facile. C’e da dire, pero, che il Castello venne abbandonato a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo. Probabilmente per questa tragedia. Tornò ad essere abitato verso la fine del millesettecento.
Per dovere di cronaca, Antonio Di Blasi, detto il Testalonga, catturato dal principe Giuseppe Lanza di Trabia (discendente dal ramo baronale longese), incaricato dal re quale comandante dell’esercito appositamente approntato, ebbe mozzata la testa senza che abbia avuto il tempo di confessare in un pubblico giudizio i nomi dei suoi protettori, che il Lanza peraltro conosceva. Egli buttò l’acqua sporca e salvò il bambino. Che, cresciuto, si fece mafia.”


D'accordo che le rappresentazioni teatrali sono un patrimonio culturale, che va custodito e che va trasmesso di generazione in generazione, ma, soprattutto, perchè sono un arricchimento intellettuale, non solo per le giovani menti, ma anche per coloro che hanno sete di conoscere. Il teatro, a Longi, ha una lunga tradizione che risale ai primi anni del 1900, come rammentano gli annali della storia locale.
Per concludere, condivido la commedia in argomento – bellissima - come evento culturale per narrare fatti delittuosi accaduti, a Longi, nel lontano 1700, per i quali l'autore, lavorando con la sua ricca fantasia, ha voluto calare qualche nominativo “illustre” nelle righe del testo scritto.
Mia nonna mi raccontava che, nei secoli scorsi il territorio era infestato dai banditi, i quali, provenendo dall’interno delle terre feuduali ( la tradizione orale tramanda che il loro covo era nell'inaccessibile Pizzo di Milè, dove c'era un piccolo castello diruto ed un ex convento di monaci), appena apparivano da Ceramo in vista del paese, suonavano il corno per avvisare i cittadini della loro presenza ed indurli, quindi, a rintanarsi nelle loro case per non essere visti nelle loro scorrerie e ruberie.
Personalmente, rammento che, nell'immediato dopo la II guerra mondiale, nel territorio imperversava la famosa “banda rossa”, il cui capo banda era di S. Salvatore di Fitalia.

Gaetano Zingales




         

















             




Nessun commento: