Dal mio saggio storico
“Quel borgo baciato dalle acque del Mylè”, estraggo i
capitoli relativi alle biografie di alcuni personaggi longesi che
hanno onorato il nome del loro paese natio attraverso atti e
comportamenti che li hanno resi illustri e degni di essere ricordati
dalle generazioni future.
Ma il nostro paese,
invero, nel corso degli anni e delle Amministrazioni che si sono
succedute, non ha inteso rendere loro i giusti onori rammentandoli
attraverso l'intestazione di una strada, di una piazza, di un
monumento anche. Forse perchè non hanno operato nella comunità
longese oppure perchè non sono morti a Longi né ivi hanno avuto
sepoltura.
Qualcuno di questi è
stato rammentato per iniziativa personale dei loro discendenti.
Voglio rammentare il detto “ nemo propheta in patria”, secondo
una frase scritta nei Vangeli che riportano le parole che
Gesù
stesso aveva proferito: “un profeta non riceve onore nella sua
patria”.
E'
triste!
Negli
annali storici della loro attività sociale, religiosa ,
professionale e del cursum honorum nell'ambito della propria
condizione “lavorativa” , viene riportato il nome e cognome
seguito dall'epiteto “da Longi”. La Storia li ricorda così, il
loro paese no.
Pubblico,
a puntate , le loro vite riguardanti l'impegno sociale, senza foto
purtroppo per motivi tecnici in quanto estrapolate dalla bozza del
mio libro di cui sopra. La pubblicazione ha lo scopo di rammentarli
ai concittadini longesi ma soprattutto ai giovani affinchè sappiano
“a quali personaggi famosi” Longi ha dato i natali. Buona lettura
P.S.
Mi riprometto , tempo libero permettendo, di pubblicare , circa ogni
settimana, una biografia per volta
Il
Partigiano socialista e Patriota, Leone Gemma da Longi
ed altri
L’ins.
Leone Gemma, nato a Longi nel 1915, durante la II guerra mon-diale
venne arruolato come ufficiale di fanteria dell’Esercito Italiano e
destinato alle operazioni militari in Francia. Dopo l’armistizio
dell’8 settembre 1943, portò in salvo il suo battaglione
rientrando in Italia. Ma, da fervente socialista, depose la divisa
per darsi alla macchia unendosi alla Resistenza. Come partigiano,
combattè in Piemonte e in Lombardia al comando di un plotone della
sesta brigata “Giustizia e Libertà”. Tra le numerose azioni in
combattimento, cui prese parte, gli venne assegnata, come comandante,
la difesa del presidio, in posizione avanzata, di Montecalvo
Vessiggia, che tenne sino al grande rastrella-mento invernale, da
parte dei tedeschi, iniziato il 22 novembre 1944. Prese parte anche
ad una spedizione contro elementi della Zicherait repubblicana e ad
altri numerosi combattimenti contro i nazi-fascisti.
Il 27 aprile del 1945, con la
sua famosa brigata, Leone partecipò e fu protagonista dell’arresto
di Benito Mussolini, camuffato da caporale della Wehrmacht, in fuga
verso la Svizzera, assieme ad altri gerarchi fascisti. Il Duce fu
scoperto ed il partigiano “Bill” lo dichiarò in arresto in nome
del popolo italiano. Il Comandante delle forze alleate in Italia,
Generale Alexander, firmò un attestato, a nome del Governo e dei
popoli delle Nazioni Unite, dove acclamava il Partigiano longese,
Leone Gemma, “come Patriota che ha combattuto per l’onore e la
libertà”.
Fonti: “Longi, nel 900 e…oltre”
di Francesco Lazzara
Dismesse le vesti del
combattente, Leone rientrò al paese natio e, nel 1947, venne
nominato insegnate di ruolo nelle scuole elementari di Ca-ronia.
A S. Agata di Militello, il 19
marzo si festeggiava San Giuseppe. Con un suo amico volle assistere
ai solenni festeggiamenti per riprendere, nella stessa nottata, la
strada per ritornare a Caronia. Prima di arrivar-vi, nel tragitto
lungo la trazzera che dalla marina portava alla monta-gna, una lupara
chiuse la spensierata giornata facendo stramazzare a terra, senza
vita, l’invitto partigiano Leone Gemma. Venne esclusa la strada di
un delitto per vicende amorose, in quanto probabilmente ine-sistenti.
L’unico indagato fu un vigile
urbano, peraltro grande amico di Leo-ne, per cui non si comprende
l’imputazione quale presunto colpevole dell’efferato omicidio.
Tant’è che dopo cinque anni di vicende giudizia-rie, la Corte
d’Appello di Messina, nel 1952, assolse con formula piena
l’imputato, che precedentemente era stato condannato nel primo
grado di giudizio.
Ci si chiede il perché venne
scartata l’ipotesi di una vendetta da parte di elementi fascisti
che vollero, in tal modo, vendicarsi uccidendo il partigiano che
prese parte attiva all’arresto di Mussolini. Probabilmen-te, se
fosse stata appellata la sentenza della Corte d’Appello, fatti
nuovi sarebbero potuti emergere nel corso del giudizio da parte della
Corte di Cassazione. Ma, a quei tempi, considerato lo scacchiere
politico esi-stente in Parlamento, per non fare venire a galla un
ipotetico scandalo, si decise di interrompere la ricerca della
verità.
Manon Roland, nel 1793, prima di
essere ghigliottinata, passando dinnanzi alla statua della Libertà,
disse: «O Libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome!»
Il paese natio non può non
rendere gli onori postumi al valoroso Pa-triota ed invitto
Partigiano, illustre figlio di questa nostra terra, addi-tandolo alle
giovani generazioni quale “Eroe”.
Gazzetta del Sud del 25
aprile 2016,con un articolo a firma di Salvatore Mangione:
Caronia, torna d’attualità
tra gli storici un omicidio avvenuto negli anni Quaranta
Delitto di Leone Gemma, il
patriota che arrestò Mussolini .
Con il passare degli anni torna
d’attualità la storia del patriota Leone Gemma, originario di
Longi, assassinato lungo la trazzera che da Caro-nia Marina conduce a
Caronia montagna.
Rimasto avvolto nel mistero
l’efferato omicidio, specialmente dopo il proscioglimento
dell’unico indagato, un vigile urbano, già guardia fore-stale del
luogo, molto legato da amicizia con la vittima e ritenuto in un primo
momento il presunto autore. Il proscioglimento con formula piena
venne sancito dalla Corte d’Appello di Messina nel 1952, dopo
al-cuni anni del misfatto.
Si pensò ad un delitto legato a
vicende forse amorose, ma molti dubi-tarono, invece, per una vicenda
storico-politica legata al personaggio.
Infatti Leone Gemma, insegnante
elementare a Caronia, durante la Seconda guerra mondiale era stato
ufficiale dell’Esercito Italiano, ope-rante in Francia dopo
l’armistizio dell’8 settembre 1943. Rientrò in Italia con il
suo intero Battaglione, portato in salvo. Dopo alcune con-sultazioni
con i superiori decise di allearsi con i Partigiani, unendosi alla
resistenza. Prese parte ai combattimenti che si svolsero in Piemonte ed in Lombardia, al comando
di un plotone della 6.a Brigata della 2.a Divisione “Giustizia e
Libertà”. Nell’aprile del 1945, con la sua Bri-gata partecipò e
fu protagonista dell’arresto di Benito Mussolini e dei gerarchi
fascisti, in fuga verso la Svizzera.
Nelle prime ore del 27 aprile
una colonna di passaggio da Menaggio, scortava il dittatore per
allinearsi con altri trenta camion tedeschi, più un’autoblindo
italiana, con Pavolini, Barracu e Bombacci, sulla quale salì anche
l’ex duce. Erano le 8 quando a Musso la strada è sbarrata da un
albero. Si sparano alcuni colpi di fucile, poi comparvero dei
parti-giani con bandiera bianca, comandati da Pier Luigi Bellini
delle Stelle (Pedro): questi disse che il passaggio della colonna si
poteva trattare con il comando di Domaso, sei chilometri oltre Dongo.
Il tenente Fall-meyer tornò dopo sei ore con la notizia che i
tedeschi, ma non gli ita-liani, venivano lasciati liberi di portarsi
in Germania, attraversando la Svizzera. Birzer camuffò allora
Mussolini da caporale della Wehrma-cht, poi lo fece salire su un
autocarro che, con gli altri, puntò su Dongo. Qui i Partigiani di
Urbano Lazzaro (Bill), iniziarono una sospettosa perquisizione. Pare
che il primo a riconoscere Mussolini fu un certo Beppe Negri,
zoccolaio, che subito informò Bill. E questi tolse all’uomo il
camuffamento e lo dichiarò in arresto, in nome del popolo italiano.
All’azione partecipò anche la
famosa 6.a Brigata con l’ufficiale di Longi, tanto che il generale
Alexander, comandante in capo delle forze alleate in Italia, nel
1945, rilasciò a Gemma Leone un attestato dove si leggeva che “nel
nome del Governo e dei popoli delle Nazioni Unite è acclamato come
patriota che ha combattuto per l’onore e la libertà”.
Una famiglia di militari
Da
Giuseppe Zingales, notaio e Sindaco di Longi, ed Angela Pidalà
nacque Francesco Zingales Pidalà (1848 – 1907), notaio e Sindaco
di Longi (1876-77), che sposò Angela Sirna (1853 – 1903); da
questi ultimi nacquero:
- Leone, Generale, Magistrato militare
- Francesco, Generale di Corpo d’Armata.
- Giuseppe, Colonnello Medico.
Da Leone nacquero:
Aldo (1915
– 1980) – Colonnello dell’Esercito
Colonnello Avv.to Franz
Zingales (1915 –
1980) – Vice Comandante
della Divisione
Folgore, ad El Alamein gli venne conferita la Medaglia d’Argento al
Valore Militare, per il suo comportamento eroico durante la
battaglia, riconosciutogli anche dal nemico. Nella pergamena che
ac-compagna la medaglia, si legge: “assumeva
il comando del battaglio-ne e lo teneva per qualche giorno in
situazione delicata, pur es-sendo debilitato fisicamente dalle ferite
riportate e dalla febbre che lo consumava. Esempio di fermezza, di
attaccamento al dove-re e di valore”
Altra medaglia d’argento al
V.M gli venne conferita nella guerra di Spagna.
«I
resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle
possibilità umane.»
– (Radio Londra 11 novembre 1942)
Gli ultimi superstiti della
Folgore sono stati raccolti esanimi nel deser-to. La Folgore è
caduta con le armi in pugno. Nessuno si è arreso. Nessu-no si è
fatto disarmare.» –
(BBC 3 dicembre 1942)
«Dobbiamo
davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i
leoni della Folgore.»
– (discorso alla Camera dei Comuni del Primo Mi-nistro Churchill)
Proposta di modifica della piazza di fronte alla chiesa dell'Annunziata intestandola ai
Duchi D’Ossada
Il dott.
Ing. Vincenzo Loffredo (1860- 1944) e N.D.
Domenica Zumbo
(1883-1965), furono munifici Signori ed espressero la volontà
testamentaria di lasciare i loro beni al Comune di Longi – Il
Duca Vincenzo
lottizzò le sue terre in contrada Gazzana, creando oltre 300 aziende
agricole, che, a prezzo modico, furono acquistate dai coltivato-ri
diretti di Longi. Donò il fabbricato delle Case Ferrante, in
località Carbonello, affinchè fosse destinato a colonia estiva. Ed
ancora, su un fondo donato in contrada Giardinello venne costruito
l’edificio della scuola materna. Con testamento pubblico, la
duchessa decise di donare al Comune parte dei suoi immobili per
finalità di interesse sociale. La volontà della nobildonna non si
realizzò perché il Comune perse l’eredità non avendo dichiarato,
entro l’anno dalla pubblicazione del te-stamento, di accettare il
contenuto del testamento.
E' opportuno, pertanto, dedicare a loro la
piazza generale Moriondo, il cui personaggio non era longese, ma piemontese.
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